Consiglio dei ministri: cancellato con un decreto legge il contributo del 2,5% sul Tfr secondo le indicazioni della Consulta
Il Consiglio dei ministri del 26/10/12 ha approvato un decreto legge che, in attuazione della recente sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 2012, ripristina la disciplina del trattamento di fine servizio nei riguardi del personale interessato dalla pronuncia.
Si tratta – come anticipato su Il Sole-24 Ore Sanità n. 39/2012 – della cancellazione della trattenuta denominata «Opera di previdenza» che riguarda il prelievo del 2,5 per cento sull’80% della retribuzione. Che potrebbe costare circa 3,8 miliardi di “restituzioni” all’Inpdap.
Nella sentenza – la stessa che ha sospeso il prelievo del 5% sulle retribuzioni maggiori di 90 e 150mila euro – si dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 10, del decreto legge n. 78 del 2010, nella parte in cui non esclude l’applicazione a carico del dipendente della rivalsa pari al 2,5% della base contributiva. Il Dl 78/2010, convertito nella legge 122/2010, prevedeva, all’art. 12, comma 10, che dal 1° gennaio 2011 i «trattamenti di fine servizio» dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sarebbero stati disciplinati dall’art. 2120 del codice civile. In buona sostanza, la nuova disciplina avrebbe stabilito che l’accantonamento complessivo ai fini della liquidazione della buonuscita non sarà più calcolato in misura del 9,6% per i dipendenti statali e del 6,1% per i dipendenti delle aziende sanitarie, le Regioni e i Comuni, sull’80% della retribuzione (gravante per il 7,1% ovvero il 3,6 sul datore di lavoro e per il restante 2,5% sul lavoratore), bensì pari al 6,91% dell’intera (100%) retribuzione e, quindi, la relativa trattenuta sarebbe dovuta essere posta interamente a carico del datore di lavoro.
Conseguentemente, a decorrere dal 1° gennaio 2011, i dipendenti pubblici non avrebbero più dovuto pagare la ritenuta del 2,5 per cento. Secondo l’Inpdap, invece, la normativa non avrebbe mutato la natura e le modalità di finanziamento del Tfr. Pertanto, la quota del 2,50% a carico del lavoratore andava mantenuta.
Adesso la Corte costituzionale – e il Cdm ha recepito la pronuncia in un decreto legge – ha chiarito che il lavoratore non è tenuto a pagare questa rivalsa, poiché ciò determinerebbe una diminuzione della propria retribuzione e, nel contempo, della quantità di Tfr maturata nel tempo. L’Inpdap, quindi, dovrà restituire le somme indebitamente trattenute ai circa 3,4 milioni di dipendenti pubblici. Si stima, per il biennio 2011-2012, un importo pari a 3,8 miliardi di euro. Il suo recupero, che ricordiamo dovrà essere richiesto singolarmente dagli interessati, è, anche questo, reclamato a gran voce dai sindacati. Ma sarà da vedere come il Governo potrà risolvere un contenzioso di così grossa portata.